Il potere induttivo del riordino

Ogni sera al mio rientro trovo una babele di indumenti ad attendermi. Mi dicono che, nei casi più eclatanti, compaia anche nelle foto dallo spazio della Cristoforetti.
I miei pargoli, dopo un'impegnativa giornata scolastica, sentono il bisogno, in stile Hansel e Gretel, di tracciare un percorso di giacche, vestiti, scarpe e calzini che conduca dalla porta d'ingresso al WC.
Ed è così che ogni sera, tra un "Come è andata oggi?" che non troverà mai risposta ed un "ciao papi" di circostanza, mi ritrovo a ricomporre i pezzi. 
Le scarpe è facile, vanno nella scarpiere, la cosa difficile è trovarle tutte.
Le giacche nell'armadio, pronte per gestire gli affanni della mattina successiva. 
Per i vestiti ci vuole più tempo. Bisogna vagliarne lo stato di conservazione visivo ed olfattivo e quindi decidere se riporli nell'armadio o buttarli nella cesta della roba sporca senza passare dal via. 
Sono cose che ormai faccio in automatico. Quando le energie mentali sono ancora sopra soglia (nonostante la giornata in ufficio e l'avventura del parcheggio al rientro) il processo del riordino viene accompagnato da un tentativo di catechizzazione dei colpevoli, in punta di fioretto per evitare di urtare la loro suscettibilità. Cerco di battere sul punto che se mi aiutassero a mettere a posto e/o non creassero tanto disordine avrei più tempo per giocare con loro. Quando invece le energie mentali sono scarse o completamente esaurite procedo come un automa rinunciando al mio ruolo di guida genitoriale, interrompendo il silenzio autistico in cui piombo solo per esclamare "che vita di m...!!!"
Ci pensano i miei ricordi di infanzia a tirarmi su.
In effetti alla loro età non ero molto diverso dai miei ragazzi.
Ogni mattina il momento migliore della giornata rischiava di tramutarsi in tragedia. Mio padre accompagnandomi a scuola si fermava in panetteria per comprarmi la focaccina (una mattonella 40x40) o la treccia. Mentre riponeva l'incarto profumato in cartella io tremavo...se quei piccoli quaderni bastardi si palesavano arricciati agli angoli era finita, partiva il cazziatone su quanto fossi "sciatto", trascurato e disordinato.
Meglio le merendine industriali, almeno le gestiva mia madre che non badava a certe quisquilie...che poi diciamolo, i quaderni dell'epoca si arricciavano solo a guardarli (Federico riesce a fare le "orecchie" al diario...quello con la copertina rigida).
Eppure, nonostante i precedenti, in età adolescenziale ho subito una mutazione genetica sviluppando un innato senso dell'ordine per libri, vestiti, scarpe, penne e matite.
In realtà, col trascorrere del tempo, ho solo appreso per induzione il modello di mio padre.
Posso solo augurarmi che il potere induttivo del riordino abbia effetto anche sui miei figli.
Nel frattempo mi rendo conto che rimettere a posto i vestiti è servito solo a far tornare alla luce i reperti archeologici (pietre, castagne, pigne, carte, pennarelli, matite spuntate) che giacciono sulla scrivania.
Come diceva Lavoisier: "nulla si crea, nulla si distrugge. Tutto si trasforma...in disordine".



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