L'equilibrio...tra le dosi
Secondo il dizionario, l'equilibrio è lo stato di quiete di un corpo. Per estensione è la condizione per cui un corpo sta fermo, per il compensarsi delle azioni che su di esso si esercitano, o se in movimento conserva un determinato assetto. Se la definizione può lasciare indifferenti, è invece affascinante osservare come ci dimeniamo per una vita intera alla ricerca di uno stato di quiete che, il più delle volte, si fa fatica a raggiungere.
Quella con l'equilibrio è una lotta continua. Si comincia in tenera età con i primi passi da bipedi accompagnati da altrettante cadute, il più delle volte morbide sui glutei, altre volte più ruvide e di spigolo. Si continua poi alla ricerca dell'equilibrio del sistema più complesso composto da bimbo e bicicletta. Il metodo è lo stesso: si procede per prove ed errori, ci si sbuccia un ginocchio, si passa per qualche escoriazione più o meno profonda fino ad acquisire il controllo completo per stare in equilibrio anche senza mani. E così via con pattini, skate, sci, snowboard alla ricerca dell'equilibrio di sistemi fisici sempre più complessi di cui il nostro corpo è parte integrante quanto dolente. In questo modo impariamo a controllare una serie di condizioni di equilibrio instabile, più o meno dolorose, ma tutte caratterizzate da un principio di immediatezza tra causa ed effetto: quando perdi l'equilibrio la cosa è evidente, cadi e ti rialzi.
Le condizioni più subdole sono invece quelle di equilibrio apparente, tipiche di quelle situazioni in cui lo stato di equilibrio del sistema non è univocamente determinabile, nè esiste un feedback immediato che ci consenta di mettere in releazione la perdita di equilibrio con le sue casuse. Sono le cadute peggiori, quelle che fanno molto male dentro e da cui spesso è difficile rialzarsi per davvero.
Qual è il giusto equilibrio tra casa e lavoro? E quello tra mazza e panella? Il giusto equilibrio alimentare?
Tutti quesiti per cui non c'è una risposta univoca, nè una ricetta chiara o una formula segreta. E' l'esperienza l'unica cosa che conta come per quelle preparazioni culinarie apparentemente semplici in cui però il giusto equilibrio tra le dosi degli ingredienti fa la differenza tra capolavoro e ciofeca. Il problema è che la giusta dose non può indicartela nessuno perchè è una questione empirica e non solo numerica. Come la giusta proporzione tra acqua e farina in un impasto o la dose esatta di farina negli gnocchi, quella che fa la differenza tra la pasta ed un purè. Così ci ritroviamo tutti concorrenti inconsapevoli di un masterchef senza giuria e senza eliminazione. I più bravi sapranno districarsi abilmente tra dosi e proporzioni, riconosceranno gli errori e da essi impareranno per correggersi.
La maggior parte continuerà ad andare avanti preparando intingoli squilibrati e piatti senza convinzione lasciandosi sopraffare da eventi ed ingredienti. Quando non saremo più in grado di reggere il peso, come piatti di una bilancia ormai starata, si potrà ricominciare da zero a cimentarsi con nuovi esercizi di equilibrio, fermarsi a ripensare agli errori ed ai momenti giusti in cui avrebbero dovuto essere corretti oppure trovare il giusto equilibrio tra questi due estremi, rialzarsi e ripartire.
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